Il Cimitero Monumentale della Venerabile Confraternita di Misericordia di Santa Maria all’Antella è tra i più rinomati e importanti in Italia sia per le dimensioni, sia per le opere d’arte che vi sono raccolte.
È mirabile e straordinario che 165 anni fa un piccolo borgo, quale era allora l’Antella, avesse intrapreso, grazie al proprio parroco, un’opera così impegnativa e grandiosa destinata ad accogliere i resti mortali dei Confratelli e Consorelle della Misericordia e del popolo antellese, così da fare del proprio cimitero il secondo in Firenze per monumentalità. Oggi, secondo il Fai-Fondo Ambientale Italiano, è anche il secondo cimitero monumentale d’Italia dopo quello del Verano a Roma.
Indubbiamente sosteneva questo ambizioso quanto appassionato progetto per i cari defunti, un grande rispetto per la sacralità delle spoglie mortali ed una Fede incrollabile nell’immortalità dell’anima. Era indubbiamente un onore e vanto onorare così i propri defunti, quasi “gareggiando” nel donare loro una più onorevole sepoltura.
Il Cimitero, che è stato ripetutamente ampliato nel corso degli anni, fu costruito tra il 1855 e il 1856 per volontà del pievano don Giuseppe Scappini (1805-1894) grazie al lavoro dell’ingegnere comunale Giovacchino Callai Callai (1804-1874).
Il primo blocco fu costituito da tre cappelle, precedute da un loggiato: di San Giuseppe, al centro, di San Sebastiano, a destra, e di San Tobia, ora San Benedetto, a sinistra.
Col trascorrere degli anni si susseguirono nuovi progetti di ampliamento di vari architetti e di vari direttori dei lavori.
Tra tutti vale la pena ricordare l’intervento del 1881 dell’architetto Giacomo Roster (1837-1905) che dette via al primo organico ampliamento caratterizzato dal lungo loggiato che da lui prende il nome e che si sviluppa a ovest, difronte all’ingresso, con una lunga e magnifica serie di archi confluenti verso il portico centrale e con due corte ali laterali che chiudono il vasto piazzale.
Si proietta, ingigantita, la cupola dell’arco centrale d’ingresso, affrescata da Galileo Chini con una magnifica corona di angeli che ci introduce idealmente nel mondo dei morti, ma anche nell’anelito della resurrezione.
Dunque è con l’architetto Roster che si progetta il primo organico ampliamento del cimitero: approvato nel 1886 dal Magistrato e successivamente anche dal Corpo Generale, si prevedeva di deviare la vecchia strada di Montisoni secondo un’ipotesi non nuova, in quanto sottoposta al Comune già vent’anni prima. Alla fine il progetto fu approvato dal Comune solo parzialmente e anche i lavori non furono facili, visto che, per vari motivi, dovette essere rielaborato nel 1895.
L’ampliamento fu quindi realizzato solo nel 1898, grazie al terreno acquistato l’anno prima dal Marchese Ippolito Venturi Ginori Lisci. I lavori, iniziati il 23 marzo si conclusero a settembre, quando, il giorno 25 fu impartita la benedizione solenne. Fu deviato un tratto di strada di via Montisoni, così come è ancora oggi, e fu rialzato il muro di cinta.
Il cimitero Monumentale si è venuto formando nel tempo attraverso una serie organica di addizioni dovuti ad architetti che di volta in volta hanno cercato di rispondere ai bisogni della comunità, interpretando la cultura del loro tempo. Come ogni architettura storica, il cimitero si lascia andare nelle sue stratificazioni, qui particolarmente evidenti perché disposte non una sull’altra, ma orizzontalmente, lungo un’asse principale disposta da nord-ovest a sud-est, seguendo la valle segnata dal torrente Isone. Risalendo il fiume il cimitero è come il proseguimento del paese, quasi logica inevitabile conclusione del suo ciclo vitale.
Nel 1965 venne bandito un concorso per l’ampliamento del cimitero.
I progetti presentati vennero esposti nel novembre 1966. Il progetto vincitore, degli architetti Renzo Bellucci (1909-1985) e Adolfo Pagani (1919-1993), poi realizzato solo in parte, prevedeva 45.000 nuovi luoghi disposti su tre edifici a Corte, con un quarto edificio sovrapposto a due di questi. La costruzione fu interrotta dopo che erano stati realizzati 9.600 loculi. Al concorso partecipò anche l’Architetto Adolfo Natalini (1941-2020), sepolto nel nostro cimitero, che successivamente ha progettato un sostanzioso completamento, realizzando una struttura principale ad anello sul modello delle antiche basiliche paleocristiane, che oggi costituisce la parte nuova del cimitero monumentale.
Il progetto di completamento, di cui si iniziò a parlare nel 1989, fu discusso a lungo con l’amministrazione comunale, e si poneva diversi obiettivi: rispondere alle esigenze di nuove sepolture, quantificabile in circa 19.000 nei prossimi trent’anni anni, che poi, con la concessione rilasciata dal Comune nel 2001 è stata invece ridotta a circa 13.000 loculi; completare dal punto qui vista architettonico ed urbanistico il cimitero esistente col suo ampliamento interrotto; inserirsi nel paesaggio riducendo al minimo l’impatto ambientale.
Il progetto venne presentato per la richiesta di concessione edilizia il 24 dicembre 1996, che però arrivò soltanto nel 2001.
In quel lasso di tempo vennero richieste alla Misericordia una serie di ricerche riguardanti il rischio idraulico e nuove indagini geologiche, anche in considerazione delle sepolture a terra. Per arrivare alla concessione la Misericordia si dovette far carico di creare sui terreni di sua proprietà una cassa di espansione per garantire maggiore sicurezza alla popolazione dell’Antella. I lavori, gli ultimi in ordine di tempo, iniziarono subito dopo il rilascio della concessione e terminarono nel 2008.
Il completamento dell’area cimiteriale, a 150 anni dalla fondazione, è firmato dall’architetto Adolfo Natalini convinto assertore che, con la bellezza, gli edifici sfidano il tempo e rigenerano i luoghi.
Nell’anello architettonico ideato da Natalini e che richiama la struttura delle basiliche paleocristiane si proietta, ingigantita, la cupola dell’arco centrale d’ingresso affrescata da Galileo Chini con quella magnifica corona di angeli che ci introduce idealmente nel mondo dei morti ma anche nell’anelito della Resurrezione.
Il progetto Natalini privilegia e trasferisce quasi un secolo dopo, in una siffatta architettura moderna, quella stessa luce che Galileo volle si diffondesse nella sua celebrata cupola carica di alti concetti filosofici. Anche in questo continua quella tradizione che ha reso celebre, e monumentale, il Cimitero della Misericordia di Antella.
L’opera ha portato alla disponibilità di loculi di ogni tipo, dalla sepoltura in terra a quella in cappella gentilizia, ed è, e continuerà nel tempo, ad essere occasione di nuovo impulso anche per l’arte sacra, nella continuità con tutti quegli artisti che nel tempo hanno lasciato il loro ingegno all’interno delle varie cappelle e settori del cimitero.
I lavori riguardarono anche alcuni aspetti ecosostenibili, come il recupero dell’acqua piovana, che raccolta in apposite vasche viene utilizzata per vari usi interni, e l’abbattimento non solo dei consumi di energia elettrica, oggi pari a circa il 50%, ma anche di produzione, grazie alla realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica a pannelli fotovoltaici di potenza di circa 175 kw. L’impianto è stato montato nel 2010 sulla copertura di un edificio del cimitero costruito fra il 1975 e il 1985 come ampliamento del nucleo originario, in area vincolata paesaggisticamente, ed è entrato in funzione nel gennaio 2011. I lavori sono costati 869mila euro. L’energia elettrica viene convogliata nel locale tecnico costruito contemporaneamente sull’area destinata a parcheggio del cimitero; in esso viene misurata, trasformata e immessa nella rete ENEL, in corrispondenza della nuova cabina ENEL di trasformazione MT/BT.
Praticamente si può dire che dal 1856 ad oggi i lavori al cimitero monumentale non sono mai finiti perché, oltre agli ampliamenti messi in atto in questi 165 anni di vita, si è dovuto procedere, allora come oggi, anche a numerosi interventi di ordinaria manutenzione, riguardanti il restauro e consolidamento, soprattutto dei tetti, ma anche delle innumerevoli opere d’arte.
Molteplici le opere d’arte che vi si trovano: numerose opere pittoriche di Galileo Chini, ma anche statue, medaglioni, bassorilievi, busti eseguiti da rinomati artisti quali Renzo Vittorio Baldi, Ugo Ciapini allievo di Augusto Rivalta, lo stesso Francesco Collina al quale si deve anche una Pietà in gesso colorato, Maria Luisa Amalia Dupré e molti altri, senza poi dimenticare le coloratissime vetrate realizzate dalla Manifattura Chini, i dipinti di Pio Joris pittore romano, acquerellista e incisore, e Enzo Masieri, e i vari vasi da fiori che provengono dalle Fornaci Chini di Borgo San Lorenzo. Non ultimo, soprattutto nella parte nuova gli affreschi di Albino Americo Mazzotta, scomparso nel 2021 e che riposa anche lui in quella area.
Un vero e proprio museo a cielo aperto: tra i lavori di Galileo Chini spicca la cupola dell’arco centrale d’ingresso realizzata nel 1911 affrescata con la raffigurazione di una corona di angeli che introduce idealmente il visitatore nel mondo dei morti.
Nel 1946 Galileo Chini seppellì qui la giovane figlia Isotta, a cui nel 1956 si è aggiunto lo stesso Chini, e in un dipinto la raffigura di spalle, ai piedi della Croce, inginocchiata accanto alle Pie Donne nella cappella dedicata a San Silvestro; inoltre dipinge anche la lunetta sopra la porta.
La Manifattura Chini ha realizzato vari vasi per fiori, ma anche vetrate come quella posta nel loggiato di San Zanobi e quelle nelle cappelle di San Giuseppe e di San Michele Arcangelo o come quella posta originariamente nella cappella di San Benedetto e ora conservata presso la sede della Misericordia; da segnalare sempre degli stessi autori anche la lunetta a mosaico posta sopra la porta di ingresso della cappella di San Guido opera del 1910; i velari nella cappella Barocchi sempre del 1910 e le opere in ceramica e vetro nella cappella di San Giorgio; le dodici sfere in maiolica poste nel loggiato dei Giusti; il mosaico della Madonna collocato nel pavimento dell’arcone centrale. Tito Chini, qui attivo tra il 1924 e il 1931, ha lavorato alla decorazione di molte cappelle di proprietà della Misericordia ma anche in molte cappelle private come quella della famiglia Venerosi Pescioini e quella della famiglia Galletti.
Ricchissima è anche la serie di medaglioni, bassorilievi e statue come la Pietà opera in gesso colorato di Francesco Collina o come i Tre angeli e la Madonna collocati nell’arco centrale di ingresso opera di Amalia Dupré; notevole il busto in bronzo di Isidoro Del Lungo opera di Dante Sodini e realizzato nel 1931.
Fin dalla sua origine, il Cimitero Monumentale della Misericordia dell’Antella ha accolto defunti di ogni parte del territorio comunale, ed anche della città di Firenze.
Gli eleganti loggiati e le cappelle monumentali erette negli anni lo hanno fatto preferire anche dalla nobiltà fiorentina fin dall’epoca immediatamente successiva al trasferimento a Firenze della Capitale d’Italia così che oggi è rinomato non solo in Toscana ma in tutta Italia per le sue caratteristiche monumentali.
Nel Cimitero Monumentale riposano molte persone della nobiltà fiorentina, come gli Antinori, gli Albizzi, i Della Gherardesca e il Viviani Della Robbia, che lo hanno scelto per gli eleganti loggiati e le numerose cappelle monumentali.
Tra le tante sepolture eccellenti che il Cimitero Monumentale conserva vale la pena ricordare: Pietro Bologna, Ernst Adrien Corbin De Grandchamp, Isidoro Del Lungo; gli ingegneri e architetti Enrico Au Capitaine, Renzo Barbieri, Cesare Bomboni, Ippolito Bordoni, Luigi Del Moro, Cesare Fortini, Ugo Giusti, Enrico Lusini, Pietro Marinelli, Giuseppe Michelacci, Domenico Moretti, Adolfo Pagani, Loresindo Pruneti e Agenore Socini; musicisti quali Stanislao Gastaldon, Giovacchino Maglioni, Vladimir Schavitch e Enrico Toselli, editori come Raffaello Maurri e Antonio Sansoni; docenti quali Francesco Ferrara, Fausto Lasinio e Francesco Protonotari; studiosi d’arte Luigi Dami, Lodovico Metzger, Enrico Ridolfi e Ferdinando Rondoni; tenori quali Mario Filippeschi e Giovanni Sani De Capua; il critico letterario Luigi Baldacci; il poeta Pietro Mastri, pseudonimo di Pirro Masetti; l’erudito Lando Passerini; il latinista Sebastiano Timpanaro; il commediografo Francesco Coletti; politici quali Enrico Poggi e Giovanni Rosadi; il magistrato Aurelio Casini; il geologo Luigi Baldacci; il calciatore del Grande Torino deceduto nella tragedia di Superga Romeo Menti; l’attore Alberto Giovannini; il baritono Gino Bechi; gli scultori Francesco Collina, Pio Fedi, Adolfo Galducci, i fratelli Antonio e Fausto Natali, Bruno Neri e Fortunato Sara Franchini; i pittori Luigi Arcangeli, Augusto Burchi, Gaetano Cannicci, Carlo Chiostri, Francesco Ciseri, Ennio Cocchi, Giovanni Costa, Giovanni Lega Nediani, Carlo Markò, Sinibaldo Tordi, il ritrattista di Papi Galeazzo Auzzi.
Tra le donne sono da ricordare il soprano Marianna Barbieri Nini, Fanny Targioni Tozzetti, amata da Giacomo Leopardi che le dedicò il Ciclo di Aspasia; Jane Clairmont Clara Mary, amante di George Gordon Byron, Bladine Gravina figlia di Hans von Bülow e di Cosima Liszt, figliastra di Riccardo Wagner e nipote di Franz Liszt, amica anche di Gabriele D’Annunzio che a lei dedicò l’opera L’Innocente.
Il quotidiano La Nazione, in un suo articolo a firma di Michele Brancale, ha scritto: “L’Antella ha nella sua Misericordia non solo una delle anime più importanti del vissuto della zona, ma può sembrare paradossale, essa attraverso il cimitero monumentale è riuscita a portare l’arte e a coniugare una funzione indispensabile con la crescita culturale. Ulteriore significativo tassello di questa tradizione è l’ampliamento con la realizzazione di un edificio circolare su tre livelli, che verrà arricchito con le vicende dell’Antico e del Nuovo Testamento. Il cimitero è una cornice degna al riposo dei cari, ma anche impulso all’arte sacra e continuità ad un disegno di impreziosimento di una particolare ‘ultima dimora’ avviato con i fratelli Chini, che qui introdussero il Liberty”.